Esiste la Street photography?
Me lo chiedo spesso e ancora non so darmi una risposta definitiva. Di sicuro esisteva ed era fantastica.
Per come la intendo io l’arte della street photography è racchiusa in quell’attimo, unico ed irripetibile, che solo il sensibile fotografo riesce a vedere (o prevedere) catturare e trasmettere con la propria fotografia. Inoltre una fotografia street è uno scatto a se, ha la potenza di non far parte di nessun progetto… uno scatto che riesce a raccontare una storia… ogni scatto una storia diversa… una potenza mostruosa.
Quindi non una cosa studiata a tavolino, ma immaginata, previsualizzata e soprattutto mai gestita.
Per come la vedo io la fotografia street si divide in tre grandi categorie…
Prima categoria: “Street photography pura”
come dicevo prima, coloro che dotati di una altissima sensibilità riescono a vedere o prevedere cose che ad altri sfuggono e con la loro fotografia riescono a catturare ed infine trasmettere agli altri lo spettacolo che gli si è presentato davanti. Con una sola foto.

Fortuna o pazienza non importa. Il risultato finale è quello che conta. Se fortunatamente mi capita di assistere ad un evento strano, bizzarro o unico con luci e ombre che sembrano enfatizzare il mio scatto e ho la prontezza di riflessi di scattare, avrò fatto un’ottima fotografia street,
Stessa cosa succede se intravedo uno scorcio interessante e mi posiziono li, tanto prima o poi qualcosa succederà, con la pazienza porterò sicuramente qualcosa a casa. Eccone un esempio… costato circa 15 minuti di attesa.

Trovato un posto che secondo me valeva la pena di fotografare, con quel bellissimo stucco rosso e quella pietra scura, ho aspettato che succedesse qualcosa. Ho scattato una foto di prova per controllare la resa con le luci e le ombre. La fortuna mi ha regalato questa splendida signora con quei vestiti colorati… quella fascia tra i capelli e quel portamento, quel leggero vento che le faceva muovere il vestito ha fatto il resto…
sicuramente se avessi dovuto cercare una persona non l’avrei trovata così attinente alla scena per colori e atmosfera…
se avessi avuto fretta di inseguire lo scatto, questa foto non sarebbe mai esistita… così come non è detto che dopo di questa signora non ne sia passata una ancora più particolare e affascinante. Insomma l’attesa a volte paga, a volte no. Se il “set” merita per il vostro occhio investite un po’ del vostro tempo a cercare lo scatto perfetto per voi.
Seconda categoria: “Street photography da postproduzione”
è secondo me una delle più inflazionate. Ossia quella del “scatto e poi tolgo o aggiungo in postproduzione”.
Non mi sento di condannare questa seconda categoria di street, a me sovente è capitato di praticarla per necessità. Eventi “quasi” unici che se non fossero stati catturati, per colpa di un elemento di disturbo nella inquadratura facilmente risolvibile con interventi di postproduzione, sarebbero andati persi per sempre.
Il togliere qualcosa o qualcuno con un software da una foto, è un metodo che non tradisce la street photography, anzi cerca forzatamente di valorizzarla. Proprio perché genuina, la street, è fatta di momenti irripetibili. Se nell’inquadratura del mio soggetto c’è ancora un piede o una spalla di un altro soggetto che non voglio entri nella mia foto, posso tagliarla, “clonare” la persona indesiderata, togliere elementi di disturbo e lasciare al centro dell’attenzione solo il mio soggetto principale con luci, ombre e contrasti che deciderò io in fase di elaborazione…

è in pratica un rendere visibile solo ciò che volevo comunicare e togliere il superfluo che sfortunatamente è capitato fra me e la mia scena
ho usato questa foto per l’esempio giusto per far capire che importanza ha la postproduzione. Mi interessava mostrare i due tipi di interessamento al gruppo musicale… un passante, che sembra non notarli e non sentirli e una commessa di un negozio, che invece ha interrotto il suo lavoro per ascoltare la musica della band. Naturalmente non potevo pretendere di far spostare tutti i ragazzi posti sulla sinistra della prima foto, ma nemmeno potevo lasciarli li in fase di “sviluppo” in quanto disturbavano troppo la scena… così come i cartelli, le insegne etc.
Ho lasciato solo quello che volevo comunicare. Band + passante disattento + ragazza curiosa. Ho barato? La foto non è più genuina? NI!!! la scena è rimasta quella, non ho alterato nulla della foto originale… ho solo mostrato grazie all’utilizzo di un software di fotoritocco quello che avevano visto i miei occhi, tutto il resto è ininfluente al fine del racconto.
mi sento quindi di avvicinare la street photography all’arte del teatro…
tanta preparazione, tanta attenzione ma soprattutto un solo tentativo… o “buona la prima” oppure fischi da parte del pubblico. La postproduzione ha la funzione che hanno i fondali e la scenografia in uno spettacolo teatrale… non serve ma aiuta…
Per questa mia foto Berengo Gardin, purista fotografico per eccellenza, diventerebbe furioso. Non posso biasimarlo, ma scatti come questi nascono da una “necessità“. Mi spiego meglio.
Sarà forse per la differenza di età (fotografica e non), la differenza di mentalità e di cultura fotografica (la sua sicuramente superiore alla mia) e soprattutto il fatto che farlo per professione 7 giorni su 7, regala sicuramente più occasioni fotografiche rispetto al mio “giorno dedicato alla fotografia“. Una scena come questa, infatti, il sottoscritto la prende per buona anche se buona in quel momento non lo è affatto. Se non avessi scattato non avrei avuto altro modo di fotografare scene come questa per molto, molto tempo. Diversamente se il mio lavoro fosse stato fare fotografie e se fossi uscito tutti i per fare fotografie, di “scene” come questa, forse avrei la nausea. Forse non avrei nemmeno scattato.
Dopo queste due abbiamo la terza categoria di street photography… assimilabile al cinema secondo il mio parere… ossia al suo interno non c’è molto di vero anche quando tra i titoli di testa appare la scritta “ispirato ad una storia vera…”.
Terza categoria: “Street photography… costruita o richiesta”
mi è capitato in questi giorni di vedere in tv un programma sulla fotografia… una sorta di talent con un premio finale e una giuria di eccezione… nelle prove che settimana dopo settimana si susseguivano spesso sentivo parlare di street photography.
Facevo fatica a capire come potesse essere assimilata alla street, una foto organizzata con dei passanti, quindi gestita, chiesta, costruita. Per me una foto del genere è assimilabile alla fotografia di studio… di studio all’aperto, ma sempre di fotografia di studio si parla.
Quando lavoro “in studio” gestisco luci, persone, facce ed espressioni, cerco quando possibile di creare una storia o inscenare un progetto e poi scatto. Nel talent ho visto elogiare una foto di street di un concorrente (bravo fotografo) che fermata una ragazza, le ha chiesto di fargli da modella. Lo stesso fotografo ha chiesto alla stessa ragazza di coinvolgere altri due sconosciuti. Doveva convincerli a farli camminare in lontananza così che lei potesse guardarli andar via e lui potesse scattare la sua street… cos’ha questa foto della fotografia street? secondo me nulla. Lui rimane un ottimo fotografo, questa rimane una bella fotografia, ma questa non è una fotografia street.

Rimane una bella foto, ma chiamarla street è sbagliato. Una foto di studio fatta fuori dallo studio sarebbe molto meglio.
Diversi sono quindi i metodi di approcciarsi alla street, e le sue origini sono più antiche di quanto noi possiamo immaginare. Oggi è diventata una moda, e siamo pieni di “street photographer” (non so se dire per fortuna o purtroppo).
Henri Cartier Bresson per le sue foto utilizzava il metodo dell’attesa… Elliott Erwitt pianificava alla perfezione (forse anche troppo) alcune sue fotografie… Vivian Maier invece fotografava di tutto… usciva di casa e cominciava a scattare… per anni e anni. Aveva così tanti rullini non sviluppati che dopo la sua morte sono stati ritrovati e venduti all’asta… insomma la storia di Vivian Maier la conosciamo tutti.
Ecco per esempio, parlando di Erwitt e della sua pianificazione che rendeva le sue foto non “genuine”…

sulla stessa tipologia di foto ritengo sia sicuramente più genuina la foto del grande Gianni Berengo Gardin…

Ritengo la foto di Berengo Gardin più genuina (anzi genuina e basta) perché mi viene difficile pensare che ci si possa avvicinare più di lui ad una macchina appartata con delle persone al suo interno senza essere visti e senza andare quindi inequivocabilmente a contaminare la genuinità della scena.
Nella foto di Erwitt, forse (e toglierei il “forse”) gli amanti erano attori o comparse assunti proprio dal fotografo per sorridere e baciarsi mentre lui, di fianco alla macchina inquadrava la scena perfetta di loro due riflessi nello specchio retrovisore…
Sono due bellissime foto… hanno fatto la storia della fotografia entrambe, ma una è street… l’altra no, l’altra è travestita da street.
Erwitt continuando su questa falsa riga, ha prodotto scatti stupendi… ma tra quelli proposti qui quanti vi sembrano street photography genuine?



Sia chiaro, non so cosa darei per avere un decimo dello stile e della sensibilità di Erwitt, qui si sta solo parlando di un genere fotografico e mai nemmeno lontanamente del fotografo.
E’ normale asserire anche che nella street photography si trova una foto buona ogni cento… forse. Proprio perché una foto street deve avere la potenza di parlare da sola e di parlare tanto… cosa non facile.
Ritengo la street una vera e propria disciplina fotografica proprio come lo sono la fotografia di moda o la fotografia di matrimonio, ma c’è un aspetto che rende la fotografia street speciale ossia il fatto che possa essere praticata da tutti, a costo zero e senza una formazione specifica… almeno all’inizio, poi se ci si accorge che è una “cosa seria” è bene iniziare a studiare. All’inizio chiunque può uscire di casa munito del proprio apparecchio fotografico, anche del cellulare, e scattare. Migliaia di fotografie. Una volta tornati a casa esaminiamo i nostri scatti e paragoniamoli a quelli dei grandi.
Selezioniamo le migliori e proponiamole a qualcuno… i forum di fotografia, se si ha fretta e non abbiamo la possibilità di richiedere una lettura portfolio, sono molto utili in questo… cominciamo a capire quali sono i nostri difetti dalle critiche che ci vengono mosse (parlo dei forum qui http://trabuioeluce.com/vita-da-forum/)
Guardare oltre, scattare, selezionare, proporre, ascoltare e crescere… ricominciare daccapo. La ricetta è questa.
Gianni Berengo Gardin diceva che un fotografo è fortunato se ha nel suo archivio almeno 100 fotografie “buone”… lui tra le sue ne contava circa 250… e io credo che la fortuna centri ben poco di fronte al suo talento fotografico.
In definitiva, la street esiste ancora. Ne sono convinto. Il problema sta nel fatto che essendo aumentate a dismisura le fotografie in circolazione è soltanto diventato più raro o difficile trovarne qualcuna “buona”… tutto qui.
Come sempre non mi sento di insegnare niente a nessuno, anzi sono io il primo a dover imparare… ecco perché leggo molto, studio e mi documento. Il mio intento è sempre lo stesso. Suscitare nei miei lettori curiosità, e magari suggerire qualche spunto di riflessione interessante.
Lascio alcuni link per chi volesse approfondire gli argomenti.
- quando fermarsi vuol dire avere coraggio http://trabuioeluce.com/il-limite/
- fare street in un territorio che per noi non ha segreti è un buon inizio http://trabuioeluce.com/lidea-rivoluzionera-mondo/
- uscire fuori dagli schemi ogni tanto aiuta http://trabuioeluce.com/fare-fotografia/
Non allego link di Berengo Gardin, Erwitt, Cartier-Bresson e Maier perché già solo digitando questi 4 nomi su Google si viene letteralmente inondati da informazioni. Un link però ve lo voglio lasciare… https://www.youtube.com/watch?v=1JVl3mX-tL0 a voi le conclusioni.
Chiudo qui, ci si legge nel prossimo post.
Ciao.